Francesco Cito è forse uno dei migliori fotogiornalisti italiani, ha l’istinto del fatto, la passione del racconto, la capacità di far passare attraverso le immagini con forza di sintesi e rigore visivo l’essenziale delle cose”.
Ferdinando Scianna (Fotografo)

Francesco CITO
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Conflitti
Francesco Cito è tra i più grandi fotoreporter di guerra italiani e internazionali, testimone instancabile dei principali conflitti degli ultimi decenni: dal Libano alla Cisgiordania, dalla Striscia di Gaza all’Afghanistan, dal Kuwait alla Bosnia, fino al Kosovo e all’Albania. Ha iniziato la sua carriera a soli trent’anni, quando fu tra i primi occidentali a penetrare clandestinamente nell’Afghanistan occupato, attraversando oltre 1200 chilometri a piedi insieme a diversi gruppi di guerriglieri. Da allora il suo obiettivo ha raccontato le profonde trasformazioni geopolitiche degli ultimi quarant’anni, interrogandosi costantemente — e ancora oggi — sul significato della guerra, sulle cause che la generano e sulle ferite indelebili che lascia nella storia e nelle coscienze. I suoi reportage, pubblicati dalle più autorevoli testate internazionali, rappresentano una testimonianza preziosa per conoscere e comprendere il nostro tempo e costituiscono un archivio visivo imprescindibile della contemporaneità.
"Al netto della tecnica e della filosofia estetica, il lavoro di Cito si muove su tre coordinate: fatica, vicinanza, rispetto. Per raccontare una storia, quale che sia, devi entrarci dentro. E per entrarci dentro, non basta bussare a caso. Bisogna avere la pazienza di girarci intorno, trovare la chiave giusta che quasi mai è la prima che ti capita a tiro, stancarsi le gambe e gli occhi e la testa a furia di muoversi, vedere, osservare, provare a capire”.
Carlo Verdelli (Giornalista)
Portfolio Italia
La ricerca fotografica di Francesco Cito va ben oltre la documentazione dei conflitti. Nel corso della sua lunga carriera, ha rivolto lo sguardo alla cronaca, ai fenomeni sociali, al paesaggio osservato al di fuori delle rotte turistiche, fino a indagare con rigore e sensibilità le esperienze umane e collettive. Il suo archivio è così diventato un mosaico di storie e testimonianze, arricchito da una visione lucida e matura, ma anche da una creatività originale e profondamente empatica. Una parte importante di questa produzione è dedicata all’Italia: fotografie che spaziano da temi sociali di grande intensità — come la serie sul "coma" — a ritratti vividi della cultura popolare, come i “Matrimoni napoletani”, fino alle cronache di paesaggio e tradizione, dal Palio di Siena ai riti religiosi, senza tralasciare i reportage su mafia e camorra. Proprio grazie a questi lavori italiani Cito ha ottenuto due prestigiosi riconoscimenti al
World Press Photo: nel 1995 con il Palio di Siena e nel 1996 con Matrimoni Napoletani.
"Il reportage “laterale” di Cito (non un “contro-reportage”) s’intrufola fra gli ingranaggi, li osserva, a volte ne ammira perfino il sapiente preciso movimento, e per capirlo meglio lo segue, lo imita, lo plagia, lo esaspera, lo fa ridondante, ci gioca, ne escono fotografie che potrebbero anche stare in quegli album sontuosi; altre volte invece toglie una vite, sposta una rotella per vedere meglio, cambia punto di vista, smonta, isola il dettaglio e lo amplifica come sotto il monocolo, per vederlo meglio; altre volte ancora allarga l’inquadratura per comprendervi il fuori-scena, il casuale, l’imperfetto, il contorno ordinario e magari squallido, l’aneddoto sorridente, insomma quell’impensabile impaccio prosaico che chiamiamo il mondo reale. E poi alla fine rimonta tutto, in un ordine diverso, per capire se l’ingranaggio funziona lo stesso, oppure dove s’inceppa. Ecco, forse ho capito questo, alla fin fine: che Cito questa volta non fa davvero l’antropologo, ma neppure davvero il reporter, anche se coi suoi Neapolitan Weddings ci ha vinto il Word Press Photo. Fa l’orologiaio. Rimette in punto le immagini".
Michele Smargiassi (Giornalista)
Feeling Home, Sentirsi a casa
“Le vibranti fotografie di questa serie di Cito confermano lo spessore di un professionista il cui sguardo è in grado di arrivare molto oltre l'apparente, anche parecchio lontano dall'ovvio. Al primo impatto ogni fotografia può essere percepita come icona di un aspetto specifico e distintivo della vivace città partenopea, ma ad uno sguardo più attento si palesano a contorno nuovi percorsi visivi, aprendo frontiere di senso alternative e suggestioni inaspettate. [...]
Niente insomma sembra lasciato al caso, niente vuole essere solo ciò che sembra. Nonostante l'approccio puro e sincero di questo straordinario autore, che per mestiere e passione ha raccontato per molti anni la vita (e la morte) con estremo e determinato realismo attraverso la stampa italiana e internazionale, questo racconto (come succede per diversi altri suoi lavori) sembra non volersi esaurire nel visibile e nello scontato.
Al contrario, ogni fotografia sembra quasi volerne racchiudere altre, attivando suggestioni ulteriori e interessanti derive di senso che arricchiscono il messaggio".
Giusy Tigano (Curatrice)
"Tornando a casa, dopo che si è stato via per lungo tempo, troppo se la lontananza conta gli anni, il primo desiderio, è ripercorrere i luoghi dell’infanzia. [...] Aver vissuto tanti anni via dai luoghi in cui ho trascorso i natali, mi ha indotto al mio ritorno, non solo a ricercare quei profumi perduti, quell’odore del mare prospicente casa mia, da dove ancora ragazzo, affacciandomi dalla finestra, sentivo l’odore della salsedine penetrare fin dentro le narici, oltre naturalmente, guardare al mutare delle trasparenze riflesse sulle superfici di quelle acque profonde del golfo, con lo scorrere delle ore del giorno e l’alternarsi delle stagioni. Sentirsi a casa, è ripercorrere le vecchie strade di una città antica, i luoghi in cui da ragazzo si giocava, e nell’incoscienza infantile, ci si calava giù nelle catacombe del cimitero della peste, per giocare con i teschi di esseri sventurati, che tra il 600 e il 700, avevano vissuto il loro calvario fino all’inferno della morte. [...]
La stessa maschera di Pulcinella, onnipresente in ogni luogo, tra i vicoli bui, o nelle strade illuminate dalla luce accecante del sole di mezzodì, ha sul suo volto, l’aspetto della gioia di vivere, pari a quella della morte incombente. Essa è esorcizzata attraverso gli amuleti, dai corni di ogni fattura, messi in mostra per dividere il bene dal male, a scacciare la malasorte e le avversità dalla vita dei vivi. Sentirsi a casa, è ripercorrere le stesse strade, in cui sono affissi i nuovi simbolismi, nati con il trascorrere del tempo, e ritrovare accanto alla cappella votiva al santo protettore, il nuovo San Gennaro delle speranze di un popolo di solo pochi anni addietro, di quel Maradona indiscusso fenomeno della pedata, e universalmente conosciuto come colui della mano di Dio. [...].,
Ripercorrere quelle strade, nel loro decadimento, di muri cadenti e sbriciolati di una città un tempo capitale di un regno, e ritrovare Pasolini, il quale tiene in braccio se stesso, in una pietà laica, nell’installazione di Ernest Pignon.
Sentirsi a casa è tutto questo e altro ancora. [...]. Tutto riemerge, nulla è mutato".
Francesco Cito (dall'introduzione personale al portfolio "Feeling Home")
Questo portfolio è parte integrante della mostra fotografica FEELING HOME curata da GT Art Photo Agency (2017-2021) ed è presente nell'omonimo libro FEELING HOME pubblicato nel 2019.
Matrimoni napoletani
VINCITORE 3° PREMIO WORLD PRESS PHOTO 1995
(categoria “Day in the life)
“Le fotografie di Francesco Cito sembrano declinare maggiormente il tipo di contesto scenografico e di rappresentazione quasi “teatrale” tipico di una società e di una cultura particolarmente votate all’apparenza e alla rappresentazione di sé. La gestualità del popolo napoletano che enfatizza il sentimento, la partecipazione corale al rito del matrimonio e un certo gusto esibizionistico nell’inscenare la celebrazione stessa nel modo più vistoso e spettacolare possibile sono i protagonisti di queste straordinarie fotografie. Non vi è alcuna intenzione di disinnescare un meccanismo che fa ormai parte di una tradizione secolare e che descrive l’identità stessa di un tessuto sociale consapevole e compiaciuto delle proprie scelte ostentate e pompose. L’autore predilige fotografare quello spettacolo nitido e sempre uguale a sé stesso - indipendentemente dall’estrazione sociale dei suoi protagonisti - che ama perpetuarsi nel tempo secondo i propri schemi come a seguire un copione, del quale il fotografo - in maniera diretta e disincantata - ci rivela ogni dettaglio concentrandosi sui fuori scena e sulle coreografie".
Giusy Tigano, Curatrice (Estratto dal testo critico introduttivo della mostra "Romanzo italiano")
"TNapoli, perché sposarsi qui non è solo folclore ed esibizione. Non è solo un giorno speciale nella vita, intesa come la vita vera. Tutto il contrario. È la sospensione dell’ordinario, il trasferimento temporaneo ma radicale di un’intera comunità parentale, amicale, sociale, in un’altra dimensione, senza più alcun rapporto con l’esistenza ordinaria di tutti. È un rituale della tribù, sciamanico, perfino psichedelico, un’ebbrezza di gruppo teatralmente indotta, limitata nel tempo ma sfrenata nell’intensità. Il matrimonio napoletano, si può dire senza esagerare, non è di questo mondo: ma di un altro mondo paradossale, che ha con quello reale lo stesso rapporto che il sogno ha con la veglia. [...] Il reportage “laterale” di Cito (non un “contro-reportage”) s’intrufola fra gli ingranaggi, li osserva, a volte ne ammira perfino il sapiente preciso movimento, e per capirlo meglio lo segue, lo imita, lo plagia, lo esaspera, lo fa ridondante, ci gioca, ne escono fotografie che potrebbero anche stare in quegli album sontuosi; altre volte invece toglie una vite, sposta una rotella per vedere meglio, cambia punto di vista, smonta, isola il dettaglio e lo amplifica come sotto il monocolo, per vederlo meglio; altre volte ancora allarga l’inquadratura per comprendervi il fuori-scena, il casuale, l’imperfetto, il contorno ordinario e magari squallido, l’aneddoto sorridente, insomma quell’impensabile impaccio prosaico che chiamiamo il mondo reale. E poi alla fine rimonta tutto, in un ordine diverso, per capire se l’ingranaggio funziona lo stesso, oppure dove s’inceppa. Ecco, forse ho capito questo, alla fin fine: che Cito questa volta non fa davvero l’antropologo, ma neppure davvero il reporter, anche se coi suoi Neapolitan Weddings ci ha vinto il Word Press Photo. Fa l’orologiaio. Rimette in punto le immagini".
Michele Smargiassi (dall'introduzione al libro fotografico "Neapolitan Wedding" di Francesco Cito)
Questo portfolio è parte integrante della mostra fotografica ROMANZO ITALIANO curata da GT Art Photo Agency (2023-2025).






































































