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Daniele Vita si avvicina alle persone con arte discreta e sensibilità, leggendo con semplicità le pagine della loro vita quotidiana e realizzando con naturalezza immagini vive ed emozionanti anche quando descrive tematiche sociali delicate e difficili. La sincerità della sua fotografia nasce da lunghi soggiorni condivisi con le comunità ritratte, vissuti con empatia e spirito di adattamento. Accettando disagi, rischi e difficoltà, il fotografo entra davvero nei luoghi e nelle vite che racconta, restituendone autenticità e rispetto.  

Giusy Tigano (Curatrice)

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Daniele
VITA

Children

Un portfolio che racconta comunità molto diverse tra loro segnate da povertà o marginalità.
Protagonisti sono i bambini, volti di un’umanità vibrante che resiste tra difficoltà e stenti manifestando un desiderio di aggregazione, di integrazione nel mondo o, ancora più semplicemente, di pura sopravvivenza.

L'autore esplora la Tuscia come terra madre e misteriosa, tra boschi, nebbie e sentieri smarriti, seguendo l’istinto del viandante.
Le sue immagini, sospese tra magia e inquietudine, restituiscono visioni rare e streganti di un paesaggio insieme selvatico e intimo.

Nel lavoro di Daniele Vita la casa diventa memoria e desiderio, evocata negli sguardi dei profughi siriani che abitano le rovine di Istanbul. Tra macerie e infanzie spezzate, le sue immagini custodiscono la resilienza dell’uomo e la dignità silenziosa di chi, nonostante tutto, rivendica vita.

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Children

Children

La trasparenza e l’estremo rispetto che si respirano in tutte le sue fotografie di Daniele Vita si devono anche a soggiorni di convivenza più o meno lunghi nelle terre e nei nuclei familiari di cui ci racconta, portati avanti grazie ad un raro spirito di adattamento rispetto alla miseria dei luoghi, ai pericoli delle circostanze, alle sfide della convivenza, e a quelle del caldo torrido o del freddo gelido.

In questo Portfolio acquista particolare evidenza la presenza dei bambini, quasi sempre inclusi nel fotogramma, in primo o in secondo piano. Nati e cresciuti in famiglie che vivono di stenti e di espedienti, o che sono provate da vicissitudini sfortunate e dolorose come quelle della guerra, questi figli immaginano, inventano e si ricostruiscono luoghi propri concedendosi una forma "possibile" di esistenza, una evidente e preziosa intimità familiare e una dimensione possibile di sopravvivenza. Ancora "vita", appunto.

Nel suo complesso, si tratta di un ritratto straordinario e sincero di intensa umanità attraverso il quale rileggere noi stessi e accogliere un messaggio di più ampio respiro: quel quadro umano di grande dignità che si collega alla stessa esistenza in vita e alla tensione umana a ricercare la felicità ben oltre gli schemi, le gabbie e le povertà del mondo che ci ospita.

Giusy Tigano (Curatrice)

Da un punto di vista geografico, questa collezione abbraccia i quartieri poveri di Istanbul, le comunità di immigrati e richiedenti asilo di Roma, e la popolazione di un piccolo paese dell’Ecuador - Cojimies - dedito alla pesca che oggi vive di sussistenza. Il comune denominatore di aree geografiche e socio-culturali così diverse tra loro sono, appunto, i bambini e la vibrante umanità che caratterizza queste famiglie e queste comunità, che vivono di stenti o hanno esperienza di particolari difficoltà di inserimento e integrazione nel tessuto socio-economico in cui cercano di integrarsi.

NOTE SU COJIMIES

Cojimíes è un piccolo villaggio di pescatori situato in Ecuador, dove il mare e la pesca non garantiscono più un sostentamento sufficiente per la comunità. Con sguardo delicato, Daniele Vita ci accompagna tra esistenze fragili e resistenti, seguendo i fili invisibili che intrecciano la vita di ogni giorno. Un quotidiano sospeso, che non si apre a promesse di prosperità ma neppure si arrende alla rassegnazione.

La Tuscia

Tuscia

 

"Il viaggio è la condizione affascinante che porta Daniele Vita in luoghi e territori indefiniti, incerti, a volte pericolosi, qualche volta misteriosi, alcuni dei quali esplorati in questa avventura nella sua stessa terra. La vocazione all'erranza e al nomadismo lo trascina ai confini del selvatico, comunque alla periferia della realtà definita e certa. Narratore di vagabondaggi, lasciandosi guidare dall'istinto o da suggestioni luminose, sicuro che l'erranza apre a scoperte inaspettate, segue percorsi segnati da cartelli con indicazioni semi cancellate, che un tempo conducevano da qualche parte e che oggi sono sentieri impercorribili. Tra boschi, nebbie, sentieri e strade a ricercarne aspetti magici e a volte inquietanti, sostando negli anfratti dove forse si cela lo spirito del luogo. La Tuscia è impervia per i non nativi, territorio da cui Daniele ha saputo trarre a sé immagini rare, a volte rarefatte, qualche volta effimere, per restituircele come visioni altrimenti svanite. La Tuscia come Terra Madre, da cui lasciarsi accarezzare, coinvolgere dalla bellezza diffusa, amareggiandosi dagli oltraggi perpetrati dagli uomini sul suo vasto corpo".

Marcello Sambati

"Il cammino di Daniele Vita attraverso i luoghi che ci racconta è stato ricerca intima in solitudine. Perché, se lo vogliamo o se siamo fortunati (ma la fortuna non esiste), la solitudine non descrive affatto un'assenza, ma una straordinaria e preziosa presenza a se stessi.  La solitudine cercata è il non-luogo dell'ascolto, quello spazio sospeso che apre le porte dei sensi e della coscienza, quella dimensione indefinita in cui sembra di ritrovare la parte più vera di noi. Daniele Vita inizia proprio così il suo cammino: dopo anni di ricerca fotografica in 35mm, osa un linguaggio nuovo  (sull'onda di quella stessa ricerca di sé), un formato fotografico panoramico in analogico che lo costringe a indietreggiare di due o tre passi rispetto al palcoscenico-mondo e lo conduce in una dimensione dove la presenza umana (da lui sempre prediletta) quasi va a scomparire. [...] L'Autore si pone in silenzioso rispetto nei confronti del teatro della vita cui si affaccia  e ci consegna una lettura straordinaria del percorso attraverso una cifra propria, caratterizzata dal distacco forte dai luoghi specifici, mai connotati a sufficienza per poter essere contestualizzati geograficamente, e intimamente connessa invece alla descrizione di atmosfere dense, particolari e coinvolgenti [...] Apprendiamo che la solitudine è un luogo dell'anima, una dichiarazione di identità, uno stato di grazia dentro il quale "sentire" noi stessi ci permette di ricollegarci col mondo tutto, con i suoi schemi, le sue gabbie, le sue povertà, ma anche i suoi corridoi di luce, le nostre radici profonde con la terra, gli spazi ancora percorribili della nostra coscienza e della nostra esistenza, nel superamento o nell'accettazione dei vuoti e dell'abbandono creati per nostra stessa mano fuori e dentro di noi".

Giusy Tigano (Curatrice) - Estratto dal testo critico "Nowhere - il dove della solitudine" 

Feeling Home: Profughi siriani a Istanbul

Feeling Home

Può apparire singolare la scelta di Daniele Vita, fotografo impegnato soprattutto sul fronte della documentazione sociale, nel proporre per il progetto Feeling Home ─ basato sul concetto di legame amorevole con la propria casa in tutte le declinazioni possibili ─ una selezione di fotografie che ritraggono profughi siriani accampati su rovine di vecchi edifici a Istanbul.[...]  Daniele Vita è fotografo troppo accorto, sensibile e stilisticamente dotato per non sapere che quando si trattano questi temi il rischio di scivolare nel pietismo è molto alto: ecco allora che le sue fotografie sono partecipi ma anche rigorosamente analitiche. Ci informa con una descrizione di ampio respiro e nello stesso tempo ci fa entrare nelle situazioni, secondo una poetica che si rifà ad alcuni grandi filoni della fotografia di reportage, dai documentaristi americani degli anni Trenta alle visioni più dinamiche e problematiche degli anni cinquanta fino ai più attenti fotografi sociali di oggi, quelli che non si lasciano prendere la mano dall’aspetto estetico ma privilegiano il racconto realistico se pur coniugato secondo una visione originale e intrigante.

Le persone che agiscono in queste inquadrature, come accennavo prima, sono in maggioranza bambini, ragazzini cresciuti troppo in fretta che conoscono da subito il disagio, il sacrificio, il dolore e che tuttavia sono in grado di dominarli, pronti a rivendicare, tra macerie e rovine, la loro porzione di vita e di fanciullezza. Si intuisce, da molti fotogrammi, la familiarità che il fotografo stabilisce con i suoi soggetti: Daniele, quando è possibile, con approccio etico lodevole, stabilisce sempre una comunicazione aperta con le persone che vuole fotografare, partecipa alla loro vita, ne condivide gli aspetti materiali così che questa acquisita familiarità si riscontra nelle sue inquadrature, non retoriche, non distaccate, scevre da impostazioni formalistiche ma, al contrario, intrise di

umanità condivisa".

Pio Tarantini ()

​"Il portfolio di Daniele Vita descrive le giornate dei profughi siriani fotografati a Istanbul nel 2014 e trasmette il senso destabilizzante della perdita e dell’assenza. Ma non solo. [...] Si percepisce immediatamente un messaggio doloroso e a tratti angosciante: la mancanza vera e propria di una casa, lo spazio negato. Queste famiglie vivono di stenti e di espedienti, e a proprio modo si reinventano luoghi propri, e un proprio senso di intimità familiare, una forma "possibile" di esistenza. [...] In questo viaggio virtuale nel quartiere desolato di Otopark, si supera il pietismo, si va oltre la documentazione sociale, si dimentica ogni regola estetizzante, e si approda senza fermate intermedie alla testimonianza vibrante di storie di vita inserite in depresse situazioni di morte. [...]  Qui la casa esiste ben oltre le mura che la contengono. L'amara rappresentazione della privazione e della rovina, si alterna infatti a quadri di famiglia toccanti e intensi. In un micro - mondo quasi surreale, sembra di sentire pulsare il cuore di una casa anche tra le macerie, oltre i vetri rotti di case distrutte e fatiscenti dove le donne insistono a stendere panni e a rifare letti, dentro gli occhi dei ragazzi che giocano e ridono per strada, nell'abbraccio di una madre che stringe a sé il proprio figlio in mezzo al nulla di una città distrutta.

Con Daniele Vita “casa” non è che il luogo simbolico di una palpitante, riabilitata e commovente umanità.

Giusy Tigano (Estratto dell'introduzione critica al portfolio dell'autore nel libro fotografico "Feeling Home, Sentirsi a casa")

Questo portfolio ha costituito la proposta artistica di Pio Tarantini in occasione della mostra fotografica itinerante FEELING HOME curata da GT Art Photo Agency (2017-2021).

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